Perché sto male? Che cosa c’è in me che non va?
Depressione, ansia, malessere, insoddisfazione, disperazione, senso di vuoto, terrore, panico, paura, costrizione, dipendenza, stanchezza cronica.
Sono tutti tentativi di descrivere i modi in cui il malessere può prendere forma e manifestarsi.
I modi attraverso i quali assume una configurazione più o meno precisa un disagio che non trova le parole adatte per pronunciarsi.
Il dolore, il malessere psichico nasce di fronte a quello che ci accade o quello che NON ci accade nella vita; è lì che si attorciglia il nostro dolore.
In parte ha a che fare con i desideri, certo!
Quello che vorremmo rispetto a quello che ci accade.
La vita che desideriamo rispetto a quella che ci ritroviamo a vivere.
Scendendo un po’ più all’interno, nella nostra intimità, le cose si fanno un po’ più fitte. Meno evidenti. Tutto più complesso. Non si riesce più a venirne a capo.
Dal 2006 ad oggi, prima come psicologo clinico e poi come psicoterapeuta, mi sono ritrovato spesso a cercare di capire che cosa significhi davvero stare male a livello psichico e che cosa costantemente ci costringe poi a rimanere invischiati in uno stato dentro al quale è profondamente difficile uscire.
Ma allora, perché sto male?
Come faccio a capire che cosa mi accade intimamente?
In questo post voglio provare a condividere alcune riflessioni importanti che penso possano rispondere proprio a questo tipo di domande.
Sono Michele Accettella, psicologo, psicoterapeuta, analista junghiano a Roma. Da oltre 14 anni aiuto le persone a migliorare la qualità delle loro vite attraverso la crescita della personalità. Il mio lavoro consiste nel creare le migliori condizioni possibili — all’interno della relazione terapeutica — affinché possano svilupparsi al meglio i vari aspetti della tua personalità e conquistare con questo una maggiore soddisfazione di vita.
Come probabilmente sai, più o meno nell’arco dell’ultimo secolo, si sono moltiplicate centinaia di teorie che ascrivono il malessere psicologico a diversi fattori.
Alcune teorie si concentrano sui vissuti interni, intrapsichici, altri sugli aspetti relazionali;
alcune teorie si focalizzano sulle conflittualità interne, altre sull’esperienza soggettiva;
alcune amplificano il valore e l’importanza cruciale dei primissimi rapporti con le figure di accudimento, altre sottolinea il potere traumatico delle esperienze.
Una infinità di modelli e di riflessioni, tutte valide sicuramente, ma in definitiva tutte accumunate alla base da un denominatore comune.
Se mettiamo da parte per un attimo le sovrastrutture teoriche, allo “stretto del sacco”, stare male corrisponde ad una cosa specifica.
Benché tutte le esperienze che facciamo siano frutto di mille decisioni che prendiamo in “buona fede”, consapevoli in quel preciso momento, che quella che stiamo per fare è la decisione più giusta da prendere.
Ho descritto in un altro articolo come funziona intimamente il nostro modo di prendere decisioni che, benché crediamo di essere noi i padroni delle nostre scelte effettivamente le cose stanno in maniera molto diversa: qualcosa dentro di noi ci anticipa sempre.
L’articolo si intitola Sei davvero sicuro di essere tu a scegliere? Come prendere una decisione importante grazie all’inconscio, puoi leggerlo direttamente da qui.
Possiamo immaginare allora, che qualcosa del genere accade ogni volta che orientiamo i nostri pensieri, le nostre emozioni, le nostre intuizioni, i nostri desideri in direzioni che non trovano adeguati livelli di riconoscimento.
Un meccanismo perlopiù fuori dalla nostra consapevolezza “decide” come affrontare la particolare situazione che stiamo vivendo.
…
Cerchiamo la verità, la nostra verità.
Siamo impegnati allora, in una ricerca di qualcosa che ci liberi, magari definitivamente, da quello stato di manchevolezza che ci abita o semplicemente qualcosa per non pensare.
Il desiderio è approdare finalmente ad uno stato di certezza che in un attimo spazzi via ogni dubbio, ogni perplessità e ci faccia finalmente cogliere che cosa ci sta succedendo.
Quel qualcosa che ci sveli finalmente la ricetta segreta del giusto vivere.
Il “perchè?” diventa la domanda insistente e fondamentale.
Vogliamo essere liberati. Tutto qui. Ma magari tanto semplice non è.
Il punto è che il malessere non è mai uguale per tutti.
Il malessere non è mai ascrivibile a qualcosa di generale.
Sinceramente una depressione – benché si possa identificare con una serie di caratteri descrittivi condivisibili – di fatto non ha mai, da persona a persona, la stessa complessità.
È profondamente diverso l’universo soggettivo che pronuncia quel particolare malessere.
Ha sempre a che fare con qualcosa di soggettivo e personale.
Il malessere psichico nasce da un fattore tipicamente umano.
Potremmo definirlo come un paradosso dell’umano, un aspetto costitutivo e proprio dell’uomo.
Siamo abitati da due forze, due meccanismi antitetici, che se non riconosciuti, armonizzati e ali
Stare male a livello psichico significa allora, una cosa fondamentale:
ad un certo punto qualcosa dentro di te smette di essere compresa.
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cccccccccc
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Questo è il mio lavoro, questo è il mio impegno!
Un saluto, a presto.
Michele Accettella
Sono psicoterapeuta abilitato all’esercizio permanente dall’Ordine degli Psicologi del Lazio.
In 14 anni ho accumulato oltre 11.350 ore di lavoro in ambito clinico, come psicologo e come psicoterapeuta.
Per diventare analista junghiano, per oltre 5 anni, sono stato anch’io in terapia, poiché per conoscere l’altro è necessaria una conoscenza approfondita di sé.
L’attenzione al lavoro clinico, ancora oggi, viene periodicamente rinnovata negli incontri riservati di supervisione che svolgo presso il “CIPA – Centro Italiano di Psicologia Analitica“: un’associazione che da oltre 50 anni cura la formazione degli psicoterapeuti junghiani in Italia, di cui sono “Membro del Comitato Direttivo Nazionale”.
Psicologo analista abilitato alla docenza, alle analisi di formazione e alle supervisioni presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia del CIPA riconosciuta dal MIUR.
Dal 2019 sono stato iscritto presso l’Albo dei docenti esterni di 1° livello – Area C di Roma Capitale.
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Michele Accettella
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