Il termine caregiver descrive una persona che si dedica all’assistenza e al sostegno di un individuo che non è in grado di prendersi cura di sé autonomamente. Questo ruolo può essere svolto da un familiare o da un professionista e comprende sia l’accudimento fisico che il supporto emotivo. I caregiver sono figure spesso invisibili ma essenziali, impegnati a garantire il benessere quotidiano della persona assistita e a fornire un senso di conforto e sicurezza.
Sono Michele Accettella, psicologo, psicoterapeuta, analista junghiano a Roma. Da oltre 15 anni aiuto le persone a migliorare la qualità delle loro vite attraverso la crescita della personalità.
Il mio lavoro consiste nel creare le migliori condizioni possibili — all’interno della relazione terapeutica — per far emergere e sviluppare al meglio gli aspetti complessi della tua personalità, conquistando con questo una maggiore soddisfazione di vita.
Le responsabilità del caregiver sono complesse e includono la cura fisica – come l’aiuto per l’igiene e la somministrazione di farmaci – e la gestione delle necessità quotidiane, dalla preparazione dei pasti alla supervisione delle terapie. Tuttavia, il ruolo del caregiver va oltre l’assistenza pratica, richiedendo un coinvolgimento emotivo costante. Questa dedizione assorbe non solo tempo, ma anche energia e forza interiore, mettendo spesso alla prova il benessere personale del caregiver.
Essere caregiver comporta inevitabilmente un peso emotivo e psicologico, definito come caregiver burden. Questo termine descrive il carico derivante dal sostegno continuativo a una persona cara, che può influire significativamente sulla salute mentale e fisica del caregiver stesso. Lo stress costante e la responsabilità quotidiana possono generare sintomi di esaurimento, ansia e persino depressione. Comprendere e accettare questo peso è un passo essenziale per affrontare le sfide del ruolo, e sviluppare strategie di gestione aiuta a preservare il proprio equilibrio psicologico.
Il burnout del caregiver rappresenta uno stato di esaurimento fisico ed emotivo causato dalla pressione continua dell’assistenza. Tra i principali fattori psicologici che conducono al burnout ci sono l’ansia, il senso di colpa e le preoccupazioni costanti per il benessere della persona assistita. Questi aspetti, uniti al carico fisico di attività di cura come sollevare il paziente o monitorare le sue condizioni, generano una condizione di stanchezza cronica che rischia di compromettere la salute del caregiver.
Uno dei sentimenti più complessi e spesso inespressi nel caregiver è la “rabbia silente”, una frustrazione che può emergere quando il caregiver percepisce di dedicare tutto sé stesso senza ricevere adeguato supporto o riconoscimento. Questa rabbia viene spesso repressa, considerata inappropriata o motivo di colpa, ma se ignorata può condurre a tensioni interne e amplificare il rischio di burnout. Riconoscere e accettare questa rabbia, trovando modi sani per elaborarla, è cruciale per mantenere il proprio equilibrio emotivo.
I segnali di stress nel caregiver possono variare dai sintomi fisici, come mal di testa e insonnia, a quelli emotivi, come irritabilità e senso di impotenza. Altri sintomi comuni includono la perdita di interesse per attività che in precedenza risultavano piacevoli, che può indicare una forma di esaurimento emotivo. Riconoscere tempestivamente questi sintomi permette di intervenire e prevenire che lo stress si trasformi in un burnout completo, preservando così la salute mentale e la capacità di cura del caregiver.
La psicoterapia offre un sostegno fondamentale per i caregiver che sperimentano il burnout, aiutandoli a comprendere e affrontare le proprie emozioni. Un intervento psicologico mirato consente di identificare i principali fattori di stress e lavorare sulla consapevolezza emotiva, supportando il caregiver nel riconoscere i propri limiti e nel trovare un equilibrio tra le esigenze del paziente e il proprio benessere personale.
In terapia, i caregiver possono apprendere tecniche specifiche per gestire lo stress e le emozioni difficili, come la rabbia verso il paziente. Pratiche come la mindfulness e la respirazione consapevole aiutano a riconoscere e modulare le reazioni emotive, riducendo la tensione interna. Questi strumenti pratici evitano che emozioni come rabbia e frustrazione influiscano negativamente sul rapporto con il paziente, favorendo un clima di assistenza più equilibrato e sostenibile.
L’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) è particolarmente indicata per i caregiver che affrontano un “dolore sporco”, ossia il peso emotivo derivante dalle proprie aspettative e giudizi. L’ACT aiuta i caregiver a accettare le emozioni difficili senza giudicarle, favorendo una maggiore flessibilità psicologica. Attraverso questo approccio, il caregiver impara a distaccarsi da pensieri di colpa o inadeguatezza e a concentrarsi sui propri valori e azioni significative, riducendo il disagio emotivo connesso al ruolo di assistente.
Per un caregiver, dedicare tempo alla cura personale è essenziale per mantenere un equilibrio emotivo. Piccoli momenti di pausa, come una breve passeggiata o una sessione di respirazione consapevole, possono fare una differenza significativa nella gestione dello stress. Attività rilassanti come leggere, ascoltare musica o fare movimento aiutano a ricaricare le energie e affrontare con rinnovata forza il ruolo di assistente.
Una delle principali sfide per i caregiver è imparare a gestire il tempo evitando il sovraccarico emotivo. Pianificare una routine che alterni momenti di cura per il paziente e momenti di pausa per sé permette di mantenere un equilibrio. Creare un programma settimanale aiuta a distribuire le attività, riducendo la sensazione di sopraffazione. Delegare alcune responsabilità o chiedere aiuto, quando possibile, consente di alleggerire il carico psicologico, migliorando il benessere complessivo.
Il supporto sociale rappresenta una risorsa essenziale per i caregiver, offrendo una rete di aiuto emotivo e pratico. Parenti, amici o gruppi di sostegno per caregiver possono fornire comprensione e incoraggiamento, riducendo l’isolamento. Partecipare a incontri con altri caregiver consente di condividere esperienze e scoprire risorse utili. Cercare il supporto sociale aiuta a sentirsi meno soli, rendendo più gestibile il peso emotivo del ruolo di assistente.
Il ruolo del caregiver richiede forza emotiva, pazienza e la capacità di riconoscere i propri limiti. Prendersi cura di sé non è un atto egoistico, ma una necessità per poter essere presenti e disponibili verso chi si assiste. Il sostegno psicologico, combinato a pratiche regolari di autocura, offre al caregiver gli strumenti per affrontare la sfida senza compromettere il proprio benessere emotivo.
Investire nel proprio benessere consente di ritrovare equilibrio, energia e una consapevolezza più profonda del proprio ruolo. La psicoterapia rappresenta un prezioso alleato in questo percorso, aiutando il caregiver a gestire lo stress e a trasformare le emozioni difficili in risorse personali. Chiedere aiuto, condividere il peso emotivo e stabilire confini salutari sono aspetti fondamentali per un’assistenza sostenibile e per prevenire il burnout.
Prendersi cura di sé come caregiver significa anche onorare l’impegno verso la persona assistita, garantendo che il rapporto di sostegno si basi sulla stabilità emotiva e sulla consapevolezza. In questo modo, la cura del caregiver diventa una componente fondamentale del percorso di assistenza, apportando benefici sia al paziente sia a chi lo sostiene.
Michele Accettella
Sono psicoterapeuta abilitato all’esercizio permanente dall’Ordine degli Psicologi del Lazio.
In oltre 15 anni ho accumulato più di 15.000 ore di lavoro in ambito clinico, come psicologo e come psicoterapeuta.
Per diventare analista junghiano, per oltre 5 anni, sono stato anch’io in terapia, poiché per conoscere l’altro è necessaria una conoscenza approfondita di sé.
L’attenzione al lavoro clinico, ancora oggi, viene periodicamente rinnovata negli incontri riservati di supervisione che svolgo presso il “CIPA – Centro Italiano di Psicologia Analitica“: un’associazione che da oltre 50 anni cura la formazione degli psicoterapeuti junghiani in Italia, di cui sono “Membro del Comitato Direttivo Nazionale”.
Sono Psicologo Analista abilitato alla docenza, alle analisi di formazione e alle supervisioni presso la “Scuola di Specializzazione in Psicoterapia” del CIPA riconosciuta dal MUR.
Dal 2021 al 2025 sono eletto Segretario scientifico e Direttore della Scuola di psicoterapia dell’Istituto di Roma del CIPA.
Dal 2019 sono stato iscritto nell’Albo dei docenti esterni di 1° Livello – Area C di Roma Capitale.
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